5/ TATUAGGIO

Da dove viene il pregiudizio secondo cui il tatuaggio è un elemento “tipico” dei carcerati o associato alla delinquenza? È risaputa l’esistenza, all’interno delle carceri, di “gruppi” o gang, che in qualche modo garantiscono ad ogni detenuto una certa protezione e appartenenza. Per marchiare questa appartenenza, è altrettanto diffuso l’uso del tatuaggio come simbolo di gruppo, simbolo che dà un immediato riconoscimento visivo, naturalmente fatto clandestinamente e con metodi del tutto poco sicuri. Poi c’è il cosiddetto “tatuaggio criminale”, utilizzato proprio come “carta d’indentità” all’interno di organizzazioni criminali, che fornisce informazioni sulle abilità e sull’appartenenza di quel dato componente ad una banda o ad una organizzazione a delinquere.

Tuttavia il tatuaggio non è sempre un fatto prettamente artistico, religioso o criminale. Il tatuaggio veniva spesso, soprattutto in zone di guerra, utilizzato per identificare all’istante determinate condizioni mediche di pazienti degli ospedali militari sul campo, in modo tale che anche in caso di incoscienza, il medico venisse a conoscenza dell’allergia o della data patologia di quel paziente.

Nella storia il tatuaggio ha avuto anche un ruolo assolutamente atroce, se pensiamo al modo in cui i prigionieri dei campi di concentramento ideati da Hitler e dai suoi seguaci, venivano marchiati e identificati al loro ingresso.

O ancora, il tatuaggio è uno strumento essenziale per manifestare l'appartenenza a piccole società, le tribù. In questi contesti, il numero e la tipologia di tatuaggio posseduta indica il ruolo sociale occupato dal soggetto. 



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